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CIA Agricoltori lancia una petizione per grano e pasta italiani

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CIA Agricoltori ha lanciato una petizione nazionale per difendere grano e pasta italiani. L’obiettivo è raggiungere il maggior numero di firme da presentare al ministro Lollobrigida in occasione del Durum Days in programma a Foggia il 17 maggio. CIA Agricoltori chiede al governo di attuare misure per tutelare i consumatori e permettere ai produttori cerealicoli di coltivare grano in condizioni migliori di quelle attuali. Sono 40mila le firme finora raccolte, ma negli ultimi giorni il numero sta crescendo di 10mila firme al giorno, per cui si punta a raggiungere almeno le 50mila adesioni.

La situazione è semplice e drammatica: con i prezzi riconosciuti ai produttori, le aziende agricole non riescono a coprire i costi di produzione. Il valore e la redditività devono essere redistribuite più equamente lungo la filiera”, dichiara Cristiano Fini, presidente nazionale di CIA. “Dobbiamo cercare di fare più attenzione rispetto ai grani che vengono importati. La filiera si rafforza se crescono anche il settore primario e la produzione italiana, altrimenti il rischio è che la scarsa redditività costringa le imprese italiane del comparto a rinunciare a seminare grano, con una crescita della nostra dipendenza dall’export e la perdita di posti di lavoro”.

Non è accettabile che gli agricoltori italiani siano immolati sull’altare di interessi politico-diplomatici legittimi, ma causa di gravissime ripercussioni sia sui produttori che sui consumatori”, incalza Gennaro Sicolo, presidente di CIA Puglia e vicepresidente nazionale di CIA Agricoltori Italiani. “Non contestiamo la necessità di importare una quota di grano dall’estero per coprire parte del fabbisogno industriale –spiega Sicolo – ma temiamo che quella quota si avvii a essere maggioritaria e che l’aumento incontrollato delle importazioni porti alle estreme conseguenze una dinamica già in atto: la riduzione progressiva della produzione di grano italiano, la chiusura di centinaia di aziende cerealicole e la perdita di migliaia di posti di lavoro.

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