
I dati dei primi mesi dell’anno concordano nel delineare un trend in moderata espansione per la pasta italiana. Cominciamo dalla produzione. L’anno scorso essa aveva chiuso con una crescita del +5,1%, rispetto al +1,8% messo a segno in parallelo dal “food and beverage” nazionale. Nel primo quadrimestre la troviamo invece che insegue, con un marginale +0,5% sullo stesso periodo 2024, a fronte del +1,9% raggiunto dall’industria alimentare nel suo complesso. Il rallentamento è netto. E si lega evidentemente, per un comparto con spiccata vocazione esportatrice come il pastaio, all’affievolimento specifico della spinta dell’export. Il quale, dopo aver chiuso con un +5,1% a consuntivo 2024, si è appiattito nel primo trimestre 2025 su un +0,6%.
In sostanza, le incertezze del commercio internazionale hanno impattato sul comparto più che sul “food and beverage” totale. Il quale infatti ha accusato un rallentamento dell’export più contenuto rispetto al pastaio, scendendo, dal +8,6% del 2024, al +6,2% del primo trimestre.
Il legame export e produzione
D’altra parte, il forte legame tra export e produzione nel mondo pastaio è ben noto ed è esplicitato una volta di più dai numeri 2024 di fatturato ed export. Il fatturato del comparto ha raggiunto infatti l’anno scorso la quota di 8.748 milioni, mentre l’export si è attestato sui 4.330 milioni. Ne esce una incidenza export/fatturato del pastaio pari al 49,5%, oltre venti punti sopra l’incidenza del 28,8% raggiunta a fianco dall’industria alimentare nel suo complesso. Metà della pasta prodotta nel Paese va oltre frontiera. Non a caso, mentre il fatturato pastaio pesa per il 4,4% su quello complessivo del “food and beverage” nazionale, quello dell’export pastaio sale nettamente e raggiunge una incidenza del 7,6%.
Abbonati alla rivista per leggere l’articolo integrale
Sfoglia la rivistaAbbonati alla rivista