
Debbo questa piccola avvertenza alla diffusione, da parte di ciascuno di noi, del supporto al nostro lavoro fornito dall’intelligenza artificiale (AI), che in seguito definirò anche “macchina”, nella quotidianità professionale e talvolta personale.
Da legale debbo notare che quanto scritto nel “dialogo” intercorso con l’AI resta scritto, o meglio registrato nella memoria della macchina. Quindi al pari di ogni mail, chat, o altra forma di messaggistica o di memorizzazione elettronica permane e sostanzialmente non è cancellabile.
Dal punto di vista legale, quanto oggetto di interfaccia con la macchina resta parimenti utilizzabile dagli organi di giustizia nelle sue varie articolazioni.
La questione processuale è complessa visto che riguarda la salvaguardia delle informazioni da raccogliere, le modalità della raccolta, ma anche il discernimento tra fatti reali e fatti creati della macchina. Anche se l’esperienza maturata nel corso degli anni riguarda l’interazione volontaria o meno delle persone con gli oggetti elettronici collegati o collegabili, smartphone, computer e le relative applicazioni, essa si sta applicando al ricorso (volontario o meno) all’interazione con la macchina dell’AI.
E la più recente frontiera verrà sempre più studiata, regolamentata e naturalmente sfruttata quale fonte di notizie volontariamente scambiate dall’utente con la macchina o carpite dalla macchina anche in assenza di consenso o volontà esplicita della persona, così pure contro la volontà dell’umano.
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