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La conservazione di farina e pasta nella ristorazione

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Non c’è voluto tanto agli esseri umani per capire che il grano fosse una splendida risorsa. Era relativamente facile da coltivare, facile da trasportare una volta liberatesi della spiga, richiedeva una quantità d’acqua modesta, si adattava facilmente anche a climi estremi, si poteva facilmente mischiare specie diverse per avere degli ibridi. Il primo passo verso la trasformazione di quest’alimento si effettuò quando si iniziarono a eliminare quelle parti che interessavamo meno dal punto di vista alimentare. Prima di tutto la spiga ma poi anche nel chicco si capì che diverse parti di questo non erano propriamente necessarie. Essiccare il chicco e tritarlo fu la prima evoluzione dal punto di vista tecnico per un alimento che nella storia umana è stato industrializzato e trasformato fin dai tempi più antichi. La scoperta della farina aprì una serie di importantissime frontiere per quello che riguardava la diffusione dell’alimentazione. La farina era facile da trasportare, conteneva pochissima acqua e quello che aveva al suo interno era quasi tutto digeribile. Se mantenuta in ambiente secco poteva maturare e andare avanti per moltissimo tempo. Dal punto di vista alimentare era splendidamente ricca e poteva mantenere in salute col suo misto di carboidrati e proteine un uomo adulto. I problemi iniziano a venire fuori dal momento in cui si inizia a stoccare, anche per periodi lunghi la farina. Ambienti umidi erano decisamente sconsigliati e la presenza d’umidità oltre ad attivare i processi di fermentazione, poteva indurre la crescita fughi e muffe.

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