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Un logo per misurare l’impatto ambientale di un prodotto alimentare

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Una scala di cinque lettere e cinque colori, dalla A verde scuro alla E rossa, collocata all’interno di una foglia stilizzata. Questa volta però, al posto degli aspetti nutrizionali, viene valutato il ciclo di vita di un prodotto: dal sistema di produzione all’imballaggio, passando per l’impatto sulla biodiversità. Si tratta dell’Eco-Score, un logo che ha come obiettivo quello di informare i consumatori sull’impatto ambientale di un prodotto alimentare o di un piatto. Sebbene sia ancora in fase di sperimentazione, l’Eco-Score viene già utilizzato in Francia, dai supermercati Lidl e Carrefour. Ma di cosa si tratta, come funziona e per quale motivo suscita numerosi dubbi in Italia?

In breve, la Commissione europea ha registrato un’iniziativa di cittadini europei, rappresentati da Antoine Thill e Elsa Kraemer, denominata “European Eco-Score,” e presentata il 13 maggio 2021, riconoscendone la congruità rispetto agli obiettivi di protezione ambientale già stati stabiliti e talvolta anche attuati dall’Unione europea. Considerate le ambizioni del Green Deal e dell’accordo di Parigi, l’iniziativa ha indotto la Commissione europea a valutare l’utilizzo di un “Eco-Score” europeo affidabile, ovvero un’etichetta, un logo, che fornisca ai consumatori Ue informazioni trasparenti sull’impatto ambientale dei prodotti fabbricati o venduti sul mercato della stessa Unione. Così, per ogni categoria di prodotto, viene stabilito un punteggio di riferimento usando i dati dal database ambientale di Agribalyse progettato dall’Agenzia francese per l’ambiente (Ademe) e dall’Institut national de la recherche agronomique (Inrae). Tali dati corrispondono all’analisi del ciclo di vita dei prodotti. Le fasi prese in considerazione vanno dalla coltivazione o allevamento alla produzione; dalla distribuzione al packaging; fino all’arrivo nei carrelli dei supermercati.

Quindi, vengono calcolate le emissioni prodotte da ogni singolo alimento e l’impatto che esso ha sull’ambiente, prendendo in considerazione quattordici indicatori d’impatto ambientale: cambiamento climatico/impronta carbonica, riduzione dello strato d’ozono, radiazioni ionizzanti, uso di terra, acqua ed energia; inquinamento atmosferico e marino e delle acque dolci (particelle, acidificazione, eutrofizzazione); ed esaurimento delle risorse.

A questo punto un algoritmo elabora tutte queste informazioni e le riassume con un colore della fogliolina e una lettera abbinata: E = fogliolina rossa: altissimo impatto ambientale; D = fogliolina arancione: alto impatto ambientale; C = fogliolina gialla: medio impatto ambientale; B = fogliolina verde chiaro: basso impatto ambientale; A = fogliolina verde scuro: bassissimo impatto ambientale.

Gli obiettivi di un impiego dell’Eco-Score sono evidenti: tale logo consentirebbe anzitutto ai consumatori europei di effettuare scelte che considerino l’impatto ambientale dei prodotti in vendita, sulla base di un’indicazione chiara e credibile, ma anche di incoraggiare gli operatori a limitare gli effetti dei propri prodotti sull’ambiente e a dare parallelamente risalto a quelli già ecocompatibili. Infine, una sola etichetta, uniforme e basata su un calcolo standardizzato sull’intero territorio europeo, eviterebbe confusione per il consumatore alla luce di un eventuale proliferare di etichette ambientali.

Tuttavia, ben prima di una sua effettiva messa in atto, sull’Eco-Score sono già sorte alcune riflessioni critiche. C’è infatti chi afferma che mentre farina di grilli o bibite energetiche avranno disco verde, carne, insaccati, vini o formaggi lo avranno rosso. Ancora, vi è chi insinua che si tratti di un ulteriore attacco all’agroalimentare italiano, che non potendo essere raggiunto dai competitors stranieri per qualità e tradizione, viene contrastato ex lege. Al tempo stesso, la scarsità di informazioni a riguardo non consente di prendere una posizione netta e univoca.

Più riflessiva è stata la posizione di Paolo Mascarino, nuovo presidente di Federalimentare, che, in una recente intervista, ha manifestato le proprie perplessità su questo logo, specialmente per quel che concerne i prodotti italiani. Benché, infatti, gli obiettivi stabiliti dall’Unione europea in termini di sostenibilità siano senza dubbio condivisibili, è indispensabile osservare con attenzione come si evolvono questi nuovi strumenti, giacché – appunto – l’algoritmo dell’Eco-Score, prende in considerazione elementi come gli imballaggi e la sottoscrizione (o meno) di patti per l’ambiente, dimenticando al tempo stesso un elemento fondamentale della sostenibilità: essa infatti non è solo un fatto sociale, ma anche economico e sociale.

Senza allarmismi, è quanto mai opportuno conoscere adeguatamente il tema prima di esternare considerazioni che possono portare solo confusione sia negli addetti ai lavori, sia nei consumatori. Per quel che concerne l’industria pastaria poi, si può a buon titolo affermare che essa è già alquanto strutturata e da anni, ormai, ha impostato la propria attività produttiva in maniera sostenibile e nel rispetto della biodiversità del territorio italiano.

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